domenica 20 dicembre 2009

SE QUESTO E' UN UOMO


Si è appena conclusa una settimana dura, per la civiltà in Italia. Partendo dal discorso già affrontato dell'aggressione (deprecata in tutte le salse, anche da noi su queste pagine) al Premier, si è scatenata una "caccia alle streghe", nel tentativo di dare un nome e un cognome a colui il quale ha armato la mano di Tartaglia con un "eburneo duomino".

I teoremi accusatori - una volta tanto usiamo una locuzione coniata in quel di Arcore, permettetecelo - hanno "dimostrato" che, tra gli altri terroristi mediatici, mandanti morali dell'aggressione a Berlusconi, Marco Travaglio sia una sorta di "primus super pares" (qui ci viene in aiuto il maestro Ghedini).

Bene, Marco Travaglio è stato paragonato a questi figuri qua:







N. A. R. e B. R. per par condicio, e terrorismo internazionale perché ormai siamo in un mondo globalizzato.

Marco Travaglio, secondo l'eminente esponente del P2L, Fabrizio Cicchitto, sarebbe paragonabile, a causa delle sue dichiarazioni contra-premier, alla Lioce, a Bin Laden, a chi si fa saltare in aria quotidianamente in Medio Oriente.

Personalmente credo sia "solo" un giornalista che esercita il diritto/dovere di cronaca, e, prima che un professionista, un uomo al quale va la mia personale e modestissima solidarietà, oltre che a quella degli abbronzati, che nel loro piccolissimo e nel limite delle loro capacità sostengono la libera informazione (senza pretesa di fare informazione, come scritto nel primissimo post).

Fa pensare che il recente premio per la libertà di stampa, consegnato dal DJV (l'associazione dei giornalisti tedeschi, la più grande associazione giornalistica europea, mica cotica), sia stato vinto, in precedenza, da un giornalista serbo e da un collega russo, provenienti quindi da Paesi in cui la libertà di stampa non è certo una verità matematica.

Giusto per riassumere, in Serbia, appena dieci anni fa, infuriava la guerra, ed il mestiere del giornalista era piuttosto rischioso. In Russia, si sa, i giornalisti scomodi vengono fatti fuori da non si sa chi, e la povera Anna Politkovskaja è solo la punta di questo triste iceberg.

Marco Travaglio, quindi, vince un premio generalmente assegnato a giornalisti che operano in paesi "ai bordi" della democrazia, volendo usare un eufemismo, e vengono spesso uccisi, volendo essere realisti. Qui in Italia i pochi giornalisti non ancora asserviti al potere campano, ma vengono screditati in pubblico ed additati come terroristi/fomentatori/seminatori di odio: sappiamo che, secondo la prassi italiana, l'isolamento è l'anticamera dell'omicidio. Eccone un esempio:



E' successo così per Falcone, è successo così per don Diana (si diceva che andasse a prostitute) e don Puglisi, è successo così per Peppino Impastato, il cui omicidio fu camuffato da "fallito attentato terroristico" nella cui preparazione Impastato presumibilmente perse la vita.

Dobbiamo aspettare che Travaglio faccia la stessa fine, per chiamarlo eroe?

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