martedì 12 ottobre 2010

IL CODICE DA PERDI

Dire che, ormai da due anni, la Premiata Furberia Alfano & Ghedini si stia lambiccando il cervello per salvare le chiappe giudiziarie di B. è cosa ovvia, quasi come dire che se piove ci si può bagnare.

Non ci si deve scandalizzare più di tanto se abbiamo un Ministro della Giustizia ad uso e consumo dell'utilizzatore finale: possiamo dire che "si sapeva", senza scendere tanto in dettaglio.

Non sorprende nemmeno la nomina di Paolo Romani a Ministro per lo Sviluppo Economico: si sa che la risoluzione del conflitto di interessi avverrà solo dopo che l'umanità avrà chiarito se sia nato prima l'uovo o la gallina. Anche qui possiamo dire "e cosa vi aspettavate?".

Cosa pretendiamo da un Presidente del Consiglio come il nostro, che si porti in caserma da solo?

Ciò che invece scandalizza è il seguente intervento del Presidente della Repubblica:

"[...] l'auspicio che anche attraverso una ulteriore utilizzazione delle tecnologie informatiche si garantisca la piena attuazione dei principi del 'giusto processo'".[...] "importante occasione per un confronto, anche a livello europeo, sullo stato della innovazione tecnologica in ambito giudiziario e sui progetti e le iniziative in grado di ampliarne e migliorarne la utilizzazione". "Piu' volte ho ricordato che la eccessiva durata dei processi mina la fiducia dei cittadini nel 'servizio giustizia' e compromette anche la capacita' competitiva del nostro paese sul piano economico. Il recupero di una piena funzionalita' del sistema esige scelte coraggiose che ne riducano i costi di gestione e ne semplifichino le procedure con il contributo di tutti gli operatori e di ogni altra realta' interessata, compresa quella imprenditoriale.

(tratto da agi.it, cliccando trovate il servizio completo)

Le domande che mi pongo sono le seguenti: quali sono le scelte coraggiose che il sistema esige? Quali sono le cause della lunghezza dei processi? Quali sono le strategie che migliorerebbero il sistema?

Chissà se Napolitano, da buon internauta, leggerà e risponderà a queste domande...

Secondo me, l'unica soluzione che metta d'accordo Napolitano, B. e chi invoca una riforma della giustizia ad capocchiam, è l'abolizione del codice penale.

Senza esagerare, basteranno il lodo Alfano, il processo morto e altri ammennicoli per pochi intimi, ed avremo la giustizia più efficiente degli ultimi 150 anni.

venerdì 1 ottobre 2010

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Nemmeno il tempo di esprimere la solidarietà a Maurizio Belpietro che subito tocca sentire i ritornelli gia ampiamente usati negli istanti immediatamente successivi all'attentato con duomo volante a B.

Iniziamo dal dioscuro Cicchitto, il quale evidentemente soffre della "Sindrome da cappuccio": credendo di avere ancora indosso il massonico copricapo, sproloquia convinto di rimanere nell'anonimato. Ha affermato che il clima d'odio che ha armato l'attentatore - mancato, fortunatamente - di Belpietro sia generato e continuamente alimentato dalla stampa di sinistra, oltre che dai noti seminatori d'odio Di Pietro e Grillo. Incommentabile. Anzi no, commentiamo: una cazzata grossa come una casa, roba da espulsione diretta dal Parlamento a calci nel sedere, considerando i precedenti (le accuse, tra gli altri, a Di Pietro, Travaglio, magistratura, Repubblica, L'Espresso).

L'equilibrista Casini invita ad "abbassare i toni". Perché, in occasioni che hanno visto coinvolti altri giornalisti quali Sandro Ruotolo e Lirio Abbate, non sono stati usati gli stessi termini? Cosa significa "abbassare i toni"?

Forse a questi signori non è chiara una cosa: i giornalisti - tutti - in Italia sono evidentente sotto tiro. E' una condizione generale, che va oltre l'agone politico: semplicemente mal si sopporta chi difende le proprie idee, e le conseguenze sono l'attentato a Belpietro, le minacce a Sandro Ruotolo, la scorta a Lirio Abbate, le auto incendiate ad altri giornalisti. Episodi passati, se non nel totale silenzo, sicuramente in sordina.

E' evidente che Cicchitto & Co. hanno perso una ottima occasione per stare zitti.

IL DIRITTO DI DIRE TUTTO. ANCHE IL FALSO

Nell'attesa di conoscere la faccia criminale - e chi eventualmente l'ha mandato - che ieri sera si è introdotta armata nel condominio di Maurizio Belpietro, innescando una sparatoria che avrebbe potuto comunque ferire o uccidere qualcuno, personalmente spero che le forze politiche ed istituzionali ribadiscano ancora, e con forza, che chiunque ha il diritto di esporre le proprie idee, senza rischiare la vita.

Belpietro, per i suoi detrattori (e io sono il meno importante tra questi), è un giornalista da riporto, il quale non fa mistero riguardo alle proprie convinzioni. La linea editoriale del suo House Organ distorce quotidianamente la realtà, inclinandola a piacimento del cosiddetto padrone. Non credo di dire una blasfemia, né spero di essere bollato come seminatore di odio dicendo questo: Belpietro è uno dei tanti giornalisti schierati - sia a destra che a sinistra - che popolano la scena mediatica italiana. Le sue idee possono essere condivisibili o meno, il modo di fare può essere apprezzato o no. E' pagato per fare esattamente quello che fa.

Da stamattina il direttore di Libero non é certo Cronkite redivivo, rimane sempre una penna al soldo di B., ma non per questo la sua vita vale meno delle altre: rischiare di essere ammazzati per le proprie idee, anche se agli occhi di tanti - me compreso - sono delle eresie, non è da Paese civile. Abbiamo gli strumenti democratici per combattere la disinformazione, è da animali pensare di eliminare colui che è ritenuto un disinformatore.

Sperando, una volta per tutte, di non dover più sentire notizie del genere, personalmente sono solidale con chi stanotte se l'è vista brutta, assieme alla propria famiglia.